Sono due anni che Maia è nata e credo che appena adesso inizio a guarire di una ferita che mi accompagnerà tutta la vita. Quando Maia è nata non riuscivo a dire “ho partorito” ma solo “è nata” come se fosse nata da un cavolo, e sinceramente lo sento ancora. Non c’è dolore più grande per me di quello di non aver potuto partorire naturalmente Maia. Il cesareo è stata una gran delusione, direi la caduta di un castello, come se tutte le rovine di me stessa mi fossero cadute adosso…
Avevo preparato tutto per il parto in casa, sognavo da anni un parto lontano da medici estranei, nell’intimità e nel nostro protagonismo. Invece mia prima figlia è nata in una stanza freddissima, con me addormentata senza poterla ricevere, proteggere e abbracciare. Non conosco neanche la faccia di chi l’ha ricevuto e sono sicura che Maia non si meritava quello. Dovevamo avvolgerla nei tessuti di cotone, tagliare il cordone solo quando smetteva di battere, doveva essere pressa con cura e delicatezza, invece quel poco che ho saputo me lo ha raccontato mio marito con pochi particolari: ha detto all’infermiera “faccia con calma” mentre bagnava Maia che piangeva e la signora ha risposto “non si preoccupi: i neonati sono di gomma”. Chi sa quando riesco a perdonare mio compagno per no essere stato più deciso e non aver curato Maia in quel momento come avevamo programmato…
Tutte le donne viviamo il nostro parto di forma diversa, io l’ho vissuto con tutta questa angoscia da sola fino a quando ho trovato questa estate una mamma che ha sofferto lo stesso e mi ha prestato un libro: Taglio cesareo solo se indispensabile, sempre con rispetto di Olza Ibone; Lebrero Martinez Enrique.
Quel libro parla della frustrazione che può sentire una donna quando non riesce a partorire naturalmente ma anche da consigli per cercare di uscire da una situazione di dolore che ci può paralizzare. Dice di parlare, di raccontare come ci sentiamo e di raccontarlo ai nostri figli. Di dire a loro come pensavamo di riceverli e dire perché non siamo riuscite a farlo. Anche se sapere perché non siamo riuscite a partorire naturalmente, può essere un lavoro da fare con noi stesse che ci impegna per anni e anni. La cosa importante è dire a loro che avremmo voluto tutt’altra cosa e che ci dispiace come è andata. Per me dirlo a Maia è stata difficile, la prima volta eravamo in campeggio una sera e mentre camminavo con lei in braccio gli ho detto che ero molto triste perché quando è uscita dalla pancia mi avevano addormentato e non ho potuto coccolarla, abbracciarla, baciarla e che avevo preparato tutto per quel momento, che è comunque uno dei momenti più importanti della mia vita. Mentre glielo dicevo ho pianto molto, e condividere quella tristezza con lei ci ha ancora avvicinato di più, o per lo meno Maia ha saputo perchè a sua mamma ogni tanto le arrivano quei momenti di tristeza.
Scrivo questo perché credo che molte donne viviamo queste esperienze ma le viviamo sole, non ci è permesso dire che siamo triste per il parto cesareo. Gli esseri più vicini a cui riuscivo a dire che non stavo bene mi dicevano “ma hai una bambina bellissima” si ma io non sono la bambina io sono una donna con i suoi sogni, con il suo corpo tagliato in due, una donna che non è riuscita a fare quello che ha aspettato di fare tutta la vita. Quello che fa parte della nostra sessualità e quindi del nostro corpo e la nostra anima. Veniamo cresciute come esseri partorienti, sappiamo per certo che quel momento arriverà e anche se con dolore sapremmo farcela. Ma quando poi non ci riusciamo arrivano i dottori, dopo farci soffrire per ore ignorandoci e riempiendoci di farmaci, senza nessun’altra soluzione che il taglio cesareo d’emergenza, tirano fuori il bambino e se ne vanno via lasciandoci in un letto come
se niente fosse, anzi con il dovere di essere felici, senza il diritto
di fare domande.
E la chiamano emergenza? Sarebbe emergenza sette ore di ossitocina senza dilatare, chiedendo un medico per risolvere la questione di forma seria? O hanno lasciato arrivare al limite della situazione senza ascoltare cosa dicevo, cosa chiedevo? Forse se mi visitava un ginecologo prima delle 8 di mattina capivano che Maia non usciva e mi facevano un cesareo con anestesia locale? Avevamo iniziato quello che loro chiamano "parto medicalizzato" a mezza notte…
E’ completamente indipendente la felicità di avere il neonato con la frustrazione del parto cesareo, ma quando diventiamo madri perdiamo il ruolo di donne e quindi nessuno si ricorda di questi dolori. Il problema è che in realtà noi continuammo ad essere donne anche quando siamo madri e ci portiamo con noi le nostre tristezze, le nostre frustrazioni, i nostri indispensabili e irrinunciabili sogni.
Solo quando stiamo finendo il puerperio, verso i due anni, ci permettiamo di tirare fuori queste cose. Maia fa due anni il 16 ottobre, e io appena adesso inizio a digerire questo dolore. Credo che solo una cosa mi allevierà: che mia figlia capisca quanto mi è dispiaciuto. Che lo capisca il papà. E vorrei che altre donne si possano aiutare tenendo conto di quanto difficile può essere per una mamma partorire con un parto cesareo.
Ciao Manuela! Ci siamo conosciute un mese fa, o forse di più, al Valentino..eravamo una coppia con un bimbo, Dieguito, e un cane nero, Fura (che ha leccato i giochini di Maia) e abbiamo passato qualche tempo insieme. Ricordi? Ci eravate piaciuti molto come famigliola e mi fa piacere che tu mi abbia dato l’indirizzo del tuo blog perchè è un modo per restare in contatto (credimi è così difficile per me trovare ai giardinetti delle mamme con cui condividere certi modi di vedere le cose). Purtroppo non ci eravamo presentati, lo faccio ora: io mi chiamo Mara e il mio compagno Damiano.
Leggendo i tuoi post ho scoperto che abbiamo delle cose in comune…tipo anche noi stiamo cercando di traslocare perchè abbiamo un vicinato incivile, ci piacerebbe avere un altro bimbo ma le finanze sono risicate (io continuo a non lavorare), e poi anche il mio parto non è stato proprio come l’avrei desiderato..a me l’hanno indotto quindi le contrazioni erano innaturali e sregolate, però pazienza sono riuscita a partorire (grazie ad un donnone che mi ha schiacciato la pancia!) in modo naturale senza epidurale anche se in ospedale lo definiscono “parto spontaneo” sebbene non abbia nulla di spontaneo!il problema è che hanno tenuto il mio bimbo nella nursery dalle 4 alle 10 del mattino, un tempo lunghissimo, mi chiedo che gli abbiano fatto in quel periodo, se si sia sentito solo…io tuttosommato stavo bene, sono tornata dalla sala parto sulle mie gambe, avrebbero potuto lasciarmelo o portarmelo decisamente prima,avrei potuto attaccarlo al seno, ecco questa è una cosa che non mi è piaciuta e mi è restata sulla coscienza. Quindi capisco il tuo sconforto circa il cesareo, anch’io l’avrei patito e non capisco come ci siano donne che lo scelgono volontariamente senza che vi sia la necessità.
Comunque, proprio perchè tanto sono a casa e non lavoro, ti chiedo se per caso ci si può incontrare una volta…magari ti raggiungo ai giardinetti dove porti Maia (se ti fa piacere ovviamente)perchè credo nelle impressioni che mi fanno le persone e sarebbe sciocco da parte mia non provare a creare un contatto. Poi mi piacerebbe provare il Kefir e volevo anche chiederti qualcosa sull’oscillococcinum (sicuro che ne sarai super informata!)…insomma, se ti va fammi sapere se posso contattarti (mi avevi lasciato il tuo biglietto da visita col num. di cell italiano). Un saluto a voi e in particolare a Maia! Mara
ti capisco! l’ostetrica che mi ha fatto la rieducazione del perineo ha partorito del suo secondo figlio una settimana fa (e’ rimasta incinta dopo UN MESE e1/2 che era nata sua figlia!)e ha partorito con il cesareo, si e’ ritrovata in travaglio al 7°mese e 1/2 di gravidanza e quindi non è potuta andar nella clinica dove lavora (e dove ho partorito anch’io) e si e’ ritrovata all’ospedale de la rochelle (che ha un reparto per i prematuri) che non è proprio reputatissimo per la sezione “maternità”. insomma le hann messo una flebo e poi l’hann lasciata ada septtare CINQUE ore senza che nessuno venga a vederma (per fortuna che e’ ostetrica e sapeva più o meno che stava succedendo) e poi un ginecologo è arrivato, che siccome il piccolo era di 7mesi e mezzo allora “si fa il cesareo”. lei dice che nn ce ne sarebbe stato bisogno ma con la struttura medica nn t puoi opporre! infatti adesso è molto depressa per non aver potuto partorire come e dove voleva sopratutto perché il primo parto era stato veloce e tranquillo…
e poi (oltre il danno la beffa) probabilmente c’e’ stato un errore di calcolo perché il suo piccolo quando e’ nato nn sembrava perniente un prematuro d sette mesi. e quindi avrebbe potuto partorir nella “sua” clinica!!!
pero’ se ti hann fatto un cesareo d’urgenza pensa cmq che almeno per maia e’ stato meglio e che non ha avuto nessun problema! per lei sarebbe stato più difficile recuperar da questo trauma. mentre tu ce la farai, prima o poi ti rimeterai!
magari con un secondo figlio/parto? 😉