Bio-illogici

Abbiamo deciso di non affidare lo svezzamento di Maia alla plasmon e compagnia bella, per cui pappette e creme varie le facciamo noi , con ingredienti rigorosamente biologici che in genere ci porta un contadino o che più raramente prendiamo in posti tipo biobottega, ecc.

Capita a volte che, rimasti senza niente e in giro per altre spese, ci avventuriamo nei banchi dei cosiddetto "bio-logico" della coop, in genere comprando ben poco.

L’altro giorno però dovevamo andare in giro e abbiamo detto: "vabbè, per una volta, tanto anche questi andranno bene", e abbiamo comprato un po’ di frutta e verdura di vario tipo.

Due giorni sono passati, due, che la frutta e la verdura di cui sopra sono diventate una schifezza, manco stessimo parlando di due settimane: le banane erano nere, le pesche tutte andate a male, i finocchi erano decisamente in parabola discedente… chi sa di cosa parlo ha già capito: tutta roba tenuta in qualche freezer per giorni.

A quel punto preferiamo l’omogeneizzato biologico, ma solo nell’emergenza. 

Per fortuna l’altro ieri è arrivata la verdura del contadino che con il gruppo d’acqusto nel quartiere Aurora c’è la porta a casa tutte le settimane, non è la soluzione perfetta perchè comunque la varietà non è tanta ma è il migliore che abbiamo trovato, anche nel prezzo (due euro al kilo di qualsiasi verdura o frutta si tratti).

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L’aspiratore nasale

Avvertenza: questo post può generare vomito nei soggetti più sensibili (e non genitori) 

Delle volte per renderci conto del mondo dell’abbondanza in cui viviamo e del livello di consumismo che c’è basta guardare le cose più semplici e piccole senza stare a guardare il WTO e scomodare i massimi sistemi. Vi raccontiamo un’esperienza con uno strumento di cui non sapevamo l’esistenza finchè Maia non ha preso il raffreddore: eravamo in Uruguay e la pediatra mi ha mandato a comprare un aspiratore nasale per aspirare i moccioli che lei non sa ancora tirare fuori da sola. E’ un tubo di plastica con due boccucce di vetro: una va nella bocca della mamma e l’altra nel naso del bebè, quest’ultima ha una specie di "rigonfiamento" dove si ferma il moccio aspirato. Dopo l’uso si lava, magari col alcool, e poi lo si riusa. Tornati in Italia Maia ha preso un’altra volta il raffreddore e anche qui la pediatra mi ha mandato a comprare l’aspiratore nasale. Io, convinta che quello italiano fosse migliore di quello "terzomondista" (visto che Maia odia quel affare), sono andata a comprarlo. Il funzionamento è lo stesso, solo che è tutto di plastica e la boccuccia che arriva nel naso del bebè va cambiata ogni volta dopo l’uso visto che contiene una spugnetta che si impregna del moccio. Ogni volta!!! Quanta produzione di plastica è? E quanti soldi vanno via se ogni scatola che contiene intorno ai 10 ricambi costa qualcosa come 5 euro?

Credo che in questo caso la non possibilità di comprare tante boccucce abbia prodotto qualcosa di più sensato e anche più ecologico! E se fosse poco devo anche dire che "tira" molto molto meglio dell’aspiratore italiano al quale gli manca un pò di forza, infatti anche una nostra amica con annessa figlia di tre anni (e quindi con grande esperienza di moccioli), che per evitare di comprare migliaia di ricambi toglie la spugna e riusa le boccucce dopo averle sterilizzate, ha invidiato la potenza del nostro "sacamocos"! 🙂

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Maia e il suo primo micro-nido

Anche se ci sarebbe piaciuto tenere a casa Maia fino ai tre anni la mancanza di nonni, zii e cugine con figli, il bisogno della mamma di avere un po’ di spazio per i suoi progetti personali (lavoro, studio) e il costo di una baby sitter a domicilio ci ha fatto pensare ad una soluzione alternativa. Alla fine abbiamo trovato una via di mezzo che ci convince abastanza: il micro-nido. È un piccolo nido gestito da una mamma- educatrice con un massimo di quattro bambini, delle volte anche di più ma qui in Piemonte sono quattro. Quello che abbiamo scelto noi fa parte del progetto "Mamme di giorno" dell’associazione "La Cicogna" ed è convenzionato col Comune. Quest’anno apre un micro-nido nella loro sede e Maia inizierà lì il suo percorso. Loro seguono la pedagogia steineriana per cui pochi stimoli, giocatoli solo di materiali naturali, seguono i ritmi dei bambini. Anche se il micro-nido apre a settembre abbiamo avuto già due riunioni, ci hanno presentato l’educatrice e anche gli altri genitori, e cosa non meno importante abbiamo visto giocare i bimbi tutti insieme per terra mentre noi chiacchieravamo.

Un’altra cosa interessante sono i pasti: siccome non si può cucinare sul posto le mamme devono portare il mangiare, per cui si è deciso di cucinare a turni, così invece di dover cucinare tutti i giorni per uno si cucina ogni tanto per tutti i bimbi e il menù si decide insieme. Abbiamo anche deciso che deve essere tutto biologico e si è parlato di menù vegetariano.

Dal punto di vista economico essendo convenzionato con il Comune si paga a fasce, l’unica cosa è che normalmente uno paga i 300 euro della fascia più alta e poi il Comune rimborsa, ma ovviamente passa un bel po’ di tempo prima di riavere i soldi, mentre La Cicogna ha trovato un metodo interessante: si paga a loro quanto si deve (prima fascia 100, seconda fascia 150, terza fascia 300) e poi il Comune rimborsa direttamente a loro, anche se per fare questo l’Associazione chiede un prestito per cui bisogna pagare tutti i mesi 5 euro di spese. A noi ci è comodo perchè pagare tutti i mesi 300, anche se poi ritornano, sarebbe un colpo per la nostra precaria economia familiare.

Ovviamente parlo di un tempo breve, tutte le mattine dalle 8.30 alle 13.30.

L’inserimento è molto più lento di quello di un asilo nido normale: qui la prima settimana la mamma va con il bambino tutto l’orario fino all’ora di pranzo, la seconda  settimana lo va a prendere un po’ prima e la terza settimana non c’è ma deve essere nelle vicinanze… per cui alla fine l’inserimento dura intorno alle tre settimane.

Tra l’altro La Cicogna organizza micro-nidi nelle case delle mamme, per cui se quattro mamme si mettono d’accordo e mettono a disposizione una casa possono contattarle per trovare un’educatrice e creare il micro-nido.

Vediamo come va, si inizia a settembre, per adesso Maia gioca con i bambini e si vede contenta, io mi sento più tranquilla perchè sono solo quattro, seguo da vicino il mangiare e l’educatrice è una mamma con i titoli per farlo, anche quello per me è importante.

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uyyyy che dolore la dentizione!!!!!

Maia ha una collana d’ambra, che anche se non mi sembra la collana più bella ha una magia speciale: aiuta la sua lunghissima dentizione. Una nostra amica l’ha comprata in Svizzera dove le vendono in farmacia, infatti in quel paese è normale mettere ai bimbi questa collana perchè l’ambra aiuta nella dentizione grazie al suo effetto calmante e disinfiammatorio. I primi due dentini di Maia, usciti intorno al sesto mese, sono stati molto dolorosi e Maia si è lamentata parecchio. Poi è arrivata la collana e oggi che taglia il primo dente di sopra è infastidita ma non come quando non aveva la collana, tra l’altro mi pare che stia uscendo in forma meno violenta, non ha dei buchi con del sangue nella gengiva ma appare già il dentino bianco.

Nei giorni in cui tagliano i denti, nel caso non bastasse la collana che comunque si porta sempre e non solo nei giorni difficili, un’altra cosa che si può usare è il miele rosato che allevia il dolore, ma solo in situazione di emergenza perchè se usato molto può causare carie. Un’altra possibilità è la Camilia: Medicinale omeopatico tradizionalmente utilizzato nei disturbi attribuibili
alla dentizione del bambino che viene dato in monodosi due o tre volte al giorno (contiene Belladonna,Chamomilla, ferrum e acqua purificata).

Qui in Italia la collana d’ambra iniziano a venderla in alcuni posti di cose naturali ma costa più di dieci euro di quanto costa in una farmacia in Svizzera (dove costa intorno ai trenta euro).

Un’ultima cosa: la collana va usata una sola volta, cioè nuovo bebè nuova collana. 


MA COS’ E’ E COME FUNZIONA UNA COLLANA PER LA DENTIZIONE?
Una collana di ambra per la dentizione e’ fatta per essere indossata
( NON masticata ! ) dal vostro bebe’ quando inizia a tagliare i primi
dentini.
Il calore corporeo causa il rilascio di una sostanza naturalmente contenuta nell’ambra, l’ acido succinico. L’acido succinico viene assorbito dalla pelle del bebe’, svolgendo un benefico effetto calmante.
La ricerca scientifica ha provato che l’ acido succinico, quando
viene assorbito nel sangue, migliora l’efficienza del sistema
immunitario ed ha una notevole funzione analgesica, stimola gentilmente
le ghiandole riducendo la salivazione ed esercita una notevole funzione
antiinfiammatoria.
Anche la medicina allopatica riconosce all’ambra una funzione
antiinfiammatoria e terapeutica , annoverandola fra gli analgesici
naturali.

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I vaccini e un aiuto omeopatico

Sul vaccinare Maia devo dire che siamo stati molto molto
pratici. In linea di
massima sono d’accordo con il non farli ma non sono sufficientemente
sicura come per prendere la decisione, per cui siamo andati a
ragionamenti logici. Il primo è stato: sebbene certe malattie non ci
sono più grazie ai vaccini e quindi non sarebbe più necessario
vaccinare, un vaccino è un primo contatto con il virus che in caso
venga incontrato molto più forte (magari tornando da un paese lontano)
il corpo che è stato vaccinato ha un minimo di difese in più di un
corpo non vaccinato. Il secondo ragionamento è stato: i virus viaggiano
e volano in questo mondo globalizzato e se il bambino è in posti dove
non c’è molto affollamento tipo montagna, paesino, ecc. allora le
possibilità di trovare dei virus è minore, ma nel caso in cui il bebè
viaggi e sopratutto passi tra nodi di traffico mondiale come sono gli
aeroporti allora magari è meglio non rischiare, o per lo meno rischiare
meno. A questo punto abbiamo deciso di vaccinare Maia visto che essendo
una bimba sudaco-italiana ai tre mesi sarebbe stata cinque ore a
Barajas aspettando un aereo.
Comunque alcuni medici con cui abbiamo parlato ci hanno caldamente raccomandato aspettare a vaccinare più che si può
perchè la vaccinazione debilita e il corpo di un neonato di due mesi è
veramente fragile. Chiaramente parlo di bambini allattati al seno, che è la nostra esperienza. 

Il medico omeopata che ha visto Maia piccolina ci ha datto un
rimedio omeopatico da usare la sera prima del vaccino e durante le
seguenti sette sere, si chiama: FMS Thuja Complex
ed è da spalmare sul suo piedino, Maia non ha avuto la febbre quando è
stata vaccinata e si è ripresa subito quando abbiamo usato questo
rimedio.

In
Piemonte alcuni vaccini sono obbligatori, e quindi vanno fatti per
forza, altri no, e teoricamente quindi potrebbero essere rifiutati,
visto che magari non si è interessati a introdurre in una volta sola
diversi tipi di virus nel corpo di un neonato. Ci era stato infatti
assicurato da alcuni medici epidemiologi ai quali avevamo chiesto
chiarimenti che questa sarebbe stata la prassi che sarebbe stata
seguita.
Arrivati nell’ambulatorio invece la questione si è dimostrata più
complessa: o un miscuglio unico, iniettato con una sola puntura,
chiamato "esavalente" perchè contiene sei vaccini, oppure se avessimo
voluto scegliere quali fare Maia avrebbe dovuto subire una puntura per
ogni vaccino. Alla fine abbiamo scelto l’esavalente e non solo quelli
obbligatori, costretti dalla situazione, visto che non ci andava di
farla diventare un colapasta. 

Poi ci hanno spiegato che non
esiste un semplice "miscuglio" dei vaccini obbligatori perchè, anche se
sarebbe la cosa ideale, le case farmaceutiche guadagnerebbero di meno,
così invece se uno sceglie quattro vaccini loro prendono soldi per
quattro fialette, se si sceglie l’esavalente li prendono per una
fialetta che costa di più di solo quelli obbligatori. 

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Nove mesi dentro… nove mesi fuori!!!!

Oggi Maia fa i suoi nove mesi e io sono
felicissima perchè siamo arrrivate alla fine dell’esogestazione! Era una meta importante nella nostra scelta di come
portare avanti i primi mesi di vita della nostra prima figlia perché
noi non abbiamo considerato il parto come un momento di principio e/o
fine ma semplicemente un continuum.

In realtà non sappiamo ancora se
abbiamo fatto bene e delle volte abbiamo nostri dubbi, ci chiediamo
se la stiamo “viziando”, se forse semplicemente “mal educando”
ma a parte tutto stiamo facendo quello che ci dettano cuore e
istinto, che proviamo a supportare con un po’ di studio e letture su
una pediatria diversa che pare ogni giorno più condivisa.

Michel
Odent, già negli anni 70, ha descritto il "sistema di
adattamento primale", da lui così chiamato, che compone
la matrice di base del nostro sistema di salute. Si forma nei primi
diciotto mesi di vita, compresi i nove mesi intrauterini e si
completa e stabilizza definitivamente verso la fine del primo anno di
vita. Il grado dii equilibrio raggiunto alla fine dell’esogestazione
rimane tale per tutta la vita e forma il "programma di base"
della salute.

Già durante la gravidanza ragionavamo sull’immaturità di questo esserino alla nascita, per esempio un cavallo quando nasce già
cammina, mentre invece il cucciolo umano neanche alza la testa!!! È
solo capace di trovare la tetta se una lo mette sul petto, e questo
solo per dire una cosa semplice, non parlare di organi e men che meno
di apparati digerenti, ecc, ecc che alla nascita non sono per niente
sviluppati per lavorare da soli: hanno bisogno della mamma vicina.
Per cui quando abbiamo sentito parlare della teoria dei nove mesi
dentro e i nove mesi fuori subito l’abbiamo sentita affine perché
era quello che sentivamo di fare. Per quello abbiamo usato la fascia,
sia la mamma che il papà, tenendola stretta con noi, e per
quello abbiamo continuato l’allattamento esclusivo fino al sesto mese
e oggi, che facciamo i nove, continua ad essere il suo principale
alimento.

Il mio “staccamento” di Maia è
stato molto graduale, qualcuno della famiglia mi ha criticato per
questo ma io ho preferito non ascoltare e continuare a fare come
sentivo. I primi tre mesi non mi sono separata da lei neanche per
farmi una doccia (ed è stata dura), poi se ne è andata
a fare un giro con una zia per ben quindici minuti, verso i sei mesi
è rimasta un’ora con la nonna e oggi che ne fa nove va via
contentissima con amiche mie che la portano al parco e addirittura se
la portano a casa loro e lei rimane contentissima a giocare! A me non
manca e non mi angoscio anche se il mio seno mi ricorda che c’è
qualcosa che manca… Sono sicura che a settembre, quando inizieremo
il micronido a tempo breve, saremo tutte e due preparatissime ad
iniziare una nuova vita, ognuna la sua ma contando su di noi.

Oggi Maia, dopo questi nove mesi di
attaccamento totale verso di me, non solo va in giro sicura e
sorridente, ma anche il suo sviluppo fisico è eccellente. Ai
cinque mesi ha iniziato a gattonare, e infatti a tutti quelli che mi
dicevano che facevo male a portarla in braccio perché l’avrei
abituata male e poi non avrei potuto tenerla più perché
pesante devo dire che Maia in braccio quasi non ci vuole stare: un
giorno è scesa e ha iniziato a gattonare, da lì non si
è più fermata e trova noiosissimo essere in braccio! Ai
sei mesi si è seduta perfettamente e un po’ dopo si è
messa in piedi, e da qualche giorno aggrappandosi alle cose si sposta
in piedi e se la tieni dalle manine cammina!

Mangia le sue pappette (ma credo che
preferisca quello che mangiamo noi, altro che pappette),
solo che preferisce il latte di mamma e su questo stiamo andando
veramente piano.

Non voglio scrivere molto
sull’esogestazione perché ci sono studiosi che ne sanno molto
di più, mi interessa raccontare che noi abbiamo preso i nove
mesi di Maia come un continuum della gravidanza, dando a lei la
possibilità di scegliere il ritmo della sua crescita, con
tanto amore e sicurezza che le permette di andare e tornare quando
vuole. È stata sicuramente una scelta dura per me ma spero che
mi dia buoni risultati e ad ottobre, quando farà un anno, io
possa tornare a studiare!

Vi propongo qui di seguito un testo di
Michel Odent:

ESOGESTAZIONE
 (di
L. Braibanti)


Il
feto-bambino è un essere ‘ambiguo’, insituabile: prima e
dopo il parto non si ha più a che fare con la medesima ‘cosa’,
ma non si tratta ovviamente di una ‘cosa’ che abbia perduto la
propria unicità e continuità. Questo paradosso è
confermato dal fatto che non abbiamo nomi generali per indicare la
totalità della vita, dentro e fuori dall’utero materno. Ciò
si spiega forse con il disagio delle culture di fronte ad una così
radicale frantumazione dell’esistenza che solo la morte sembra
pareggiare.

Ma
proprio per la nascita e il suo trauma inducono a una attenzione
significativa verso questo essere vivente e i suoi bisogni. Non solo
va tutelato nel suo diritto alla vita, ma gli va riservata tutta
l’attenzione e l’amore che lo portino a superare l’esperienza
totale di solitudine, angoscia e dolore.

Il
feto-neonato è protagonista di una vicenda in cui predomina il
senso di abbandono e di lacerazione dell’esistenza, che può
lasciare a lungo segni profondi e che non può essere
sottovalutata solo per il fatto che egli non sa esprimersi in modi
riconoscibili. Il dolore del feto-neonato non può essere
raccontato e quindi semplicemente lo si nega. Tuttavia l’operatore
deve riuscire a rappresentarsi questa lacerazione profonda, a
riscoprirla nel proprio intimo, costruendo su di essa un rapporto
empatico ed affettivo assai intenso. 

Ma
soprattutto deve fare in modo che chi nella situazione è più
‘esperto’, cioè la madre, possa esercitare nei confronti
del piccolo un’azione di riparazione affettiva, ripristinando e
restaurando con altri mezzi il legame che la nascita ha così
traumaticamente turbato.

Esaurita
la gestazione endouterina, il neonato umano si trova in una
condizione alquanto diversa rispetto a quella della maggior parte
degli animali, in parte assimilabile alle specie nidicole con prole
inetta. Nei gradini della scala zoologica più prossima alla
specie umana i piccoli presentano alla nascita un grado maggiore di
autonomia e, conseguentemente, minore necessità di cure
parentali. Il neonato umano invece si trova in uno stato di relativa
impotenza e, come sostiene Hartmann, la ridotta gamma degli istinti
lo costringe ad una dipendenza pressochè totale nei confronti
dei genitori e, in generale, dell’ambiente circostante.

Questo
stato evolutivo è messo in relazione, da parte degli
antropologi, al peculiare sviluppo del sistema nervoso centrale e al
conseguente ingrossamento della capacità cranica. La selezione
naturale avrebbe via via favorito la nascita di piccoli ‘prematuri’,
con una dimensione della testa e uno sviluppo cerebrale incompleto,
rispetto a piccoli più maturi ma che avrebbero potuto essere
partoriti solo con gravi difficoltà, a causa dell’abnorme
grandezza cranica rispetto a quella del canale del parto. Da ciò
deriverebbe il fatto che una parte significativa di ciò che
poteva considerarsi l’accrescimento endouterino si trova invece ad
avvenire dopo la nascita, restando il bambino nelle prime settimane
in gran parte disadattato alla sopravvivenza sia sotto il profilo
dell’adattamento motorio sia dal punto di vista dell’adattamento
cognitivo e sociale.

Questa
ipotesi giustifica la considerazione dei primi mesi di vita come
periodo di ‘esogestazione’, di completamento esterno della
gestazione endouterina. Tale interpretazione è sostenuta anche
dalla comparazione del rapporto gestazione/accrescimento nelle varie
specie, che nell’uomo tocca un livello estremamente basso. Ciò
nonostante non si deve enfatizzare eccessivamente il carattere
passivo e impotente della presenza del neonato nella scena delle
prime relazioni sociali.

A
partire dagli anni Settanta si è affermata una posizione più
pertinente che, senza mettere in discussione l’indispensabilità
per il neonato di un ambiente sociale ricco e di cure parentali
adeguate, ha peraltro messo in luce una competenza precoce del
bambino rispetto a quello stesso ambiente sociale e alle cure
parentali, che ne fanno un protagonista attivo, in grado di
indirizzare il corso dell’interazione con gli adulti e, in parte,
di anticiparlo intenzionalmente. Il neonato, insomma, non sarebbe
affatto privo di proprie strategie di adattamento ma, piuttosto,
queste strategie sarebbero specializzate per il contesto sociale
entro cui la specie ha ‘scelto’ di collocare l’esperienza delle
prime fasi di sviluppo.

(…)
Più in generale, la tendenza a considerare e a giudicare
separatamente madre e bambino, al di fuori del contesto relazionale,
conduce ad una serie impressionante di errori, sia sul piano teorico
che su quello pratico, errori fortunatamente superabili proprio per
la forza che l’equilibrio dinamico della relazione esercita sullo
sviluppo di entrambi. Né va sottovalutato il fatto che i primi
mesi di vita rappresentano, come già gravidanza e parto, un
momento di sviluppo della personalità materna, sviluppo che va
posto in continuità con le fasi precedenti, ma sul quale
esercita ora una potente azione il bambino come agente della
socializzazione materna.

Anche
in questo senso si può dire che il bambino ‘costruisce’
l’ambiente del proprio sviluppo, mentre l’ambiente contribuisce a
favorirne la crescita. L’intercambiabilità dei ruoli materno
e infantile quali agenti-oggetto di socializzazione è una
caratteristica estremamente importante dell’evoluzione della nostra
specie. Qui torniamo allora alla considerazione unitaria della
gestazione, del parto, dell’esogestazione, evento di estrema
rilevanza nella vita della persona, al quale occorre attribuire
un’attenzione non divisa, ma costantemente focalizzata su ciò
che avviene ‘dentro’ i protagonisti diretti.

Contemporaneamente
si lasci ad essi spazio per vivere questa esperienza da protagonisti
nella pienezza dell’esistenza, cercando di rimuovere gli ostacoli
che si frappongono fra l’individuo, il suo ambiente sociale e
questa fondamentale esigenza.

Tratto
da “Parto e nascita senza violenza”

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L’osteopata

Oggi siamo state dalla nostra cara osteopata, è la terza volta che ci andiamo in questi nove mesi e sono contenta di fare questa scelta. Prima ha fatto il trattamento a Maia: l’ha trovata molto bene, anche se ha trovato la testa ancora un po’ contratta… infatti quando ha fatto il massaggio nella testolina Maia ha pianto, ma poi subito è passato tutto. Come spiego nel post "Le coliche del neonato", Maia durante il parto era di faccia e non di testa e questo ha fatto sì che il suo collo e la sua testa fossero parecchio contratti, a causa del lungo travaglio. L’osteopata ha curato le sue coliche e oggi migliorato la sua testa, e siccome Maia ancora non sa dirmi dove le fa male  preferisco portarla ogni tanto, così l’osteopata capisce dove serve farle il massaggio. 

Poi sono passata io, che avevo un forte male alla schiena e all’anca, dopo il parto le ossa non sono ritornate a posto e quindi anche in questo caso il trattamento è stato di molto aiuto.

Molte mamme mi hanno chiesto il telefono dell’osteopata e, come promesso, le ho chiesto se potevo mettere i suoi riferimenti su questo blog, cosi altri bimbì possono essere aiutati, lei è stata d’accordo e quindi eccoli:

Monica Vayra
Osteopata D.O.M.R.O.I.
Tel: 0114731063/ 3477299487
Via Beaumont, 2 Torino

Tra altro mi hanno detto ad una riunione della Lega de la leche che in Francia l’osteopata è in sala parto!

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Le zanzare

Alla fine è arrivata l’estate e, benché sia arrivata in ritardo, si è portata dietro le solite zanzare. Ho un ricordo di quanto ero piccolo: i miei nonni che passavano la sera (e la notte) a schiacciare zanzare, eravamo in vacanza in qualche luogo lago-paludoso.

Per evitare di fare lo stesso con maia abbiamo pensato a qualche soluzione che ci desse un po’ di tranquillità, senza ovviamente doverla cospargere di robe più o meno chimiche. La prima cosa che abbiamo comprato è stata la zanzariera che pende dal soffitto, mi duole dirlo ma quella più funzionale e dal costo più sensato si trova all’ikea, è composta da un tulle (si scrive così) ed un cerchio di plastica, per tenerla allargata. Dovendo farla viaggiare fino in uruguay abbiamo solo dovuto armarci di seghetto e tagliare il cerchio, perchè non è "componibile" come tutte le robe che si trovano all’ikea, ma è fisso. Comunque con un taglio la cosa si risolve, perchè tanto non è fissata dentro al tulle ma viene legata con delle cordicelle, per cui basta poi sovrapporre i due estremi del taglio e legarli assieme per montarla alla perfezione. C’è anche da dire che il tulle è abbastanza grande (è fatto per coprire tranquillamente un letto a due piazze) per cui, ad esempio, se maia si addormentava su un divano eravamo comunque in grado di coprirla agilmente.

Quello che abbiamo notato però è che è vero che il tulle è una retina, però comunque tiene un po’ caldo, per cui va bene in uruguay magari, ma nell’afosa torino… come fare? 

Alla fine abbiamo trovato un coso che si chiama "zanza no" (o qualcosa di simile) che funziona ad ultrasuoni, è un cosino che si attacca alla corrente, si accende una luce e… non fa niente. io devo dire avevo qualche dubbio, perchè insomma vendono tante di quelle stupidaggini ai genitori sempre desiderosi di comprare qualcosa… comunque, per dieci euro circa ci siamo detti: proviamo, al massimo lo tiriamo a quelli che fanno casino sotto casa a mezzanotte. Invece funziona, lo mettiamo appena iniziamo a sentire volare i simpatici insetti e nella stanza non entrano.

Chissà perchè non ne fanno uno ENORME che copra tutta la città 😉 

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Salpingectomia, laparoscopia e allattamento

Senza ombra di dubbio queste tre parole non stanno molto bene messe insieme. Gli ultimi dieci giorni sono stati stressanti e dolorosi quanto il parto, ma fortunatamente siamo tornati tutte e tre a casa, come dire, quasi un secondo parto. E nello stesso ospedale.
Infatti a parte tutto devo dire che sono contenta della scelta che ho fatto durante il travaglio e al di là che sia lontano vale la pena. Al posto del Sant’Anna a Torino noi abbiamo preferito Moncalieri. Spiego un po’ perchè senza voler fare nessuna propaganda pro ospedaliera, anzi, sono per il parto in casa, ma quando proprio non si può o succedono cose fuori programma è preferibile conoscere le politiche di ogni reparto maternità.
Intanto a Moncalieri in caso di parto naturale si può andare via dopo due ore dalla nascita, e se c’è cesareo come nel mio caso allora dopo il terzo giorno ti dimettono se fai parte del programma di parto a domicilio del Sant’anna, programma che riconoscono pienamente.
Questa volta siamo tornate fuori Torino non tanto per scelta ma per necessità: un venerdi sera mi sono arrivate le terze mestruazioni dopo il parto ma erano molto molto dolorose e intense, veramente da travaglio di parto. Sono abituata alla mia luna che da quando ho quindici anni mi lascia a letto per due giorni ma questa volta era qualcosa che sorpassava di tanto la normalità. Lunedì sono finite le perdite ma il dolore continuava, partiva dall’ovaia sinistro e si estendeva in tutto il basso addome fino a prendere tutta la gamba e il piede. Tra altro il male dopo il cesareo c’è sempre stato, a periodi più o meno forte ma non mi sono mai sentita veramente bene. Cosi martedì ho deciso che dovevo andare al pronto soccorso a vedere cosa mi succedeva. Siamo andati tutte e tre e per primis al Sant’Anna ma all’accettazione mi hanno detto che per un dolore mestruale mi avrebbero fatto aspettare più di tre ore, che non era urgente e che meglio se tornavo il giorno dopo… siamo andati via. Ma a quel punto ho deciso di andare a Moncalieri, magari mi visitavano e allora sarei tornata a casa più tranquilla. Fortunatamente mi hanno accettata stavolta (Maia intanto continuava a fare la brava anche se faceva un caldo impressionante ed era il secondo ospedale della giornata) e sono entrata alla visita ginecologica, qui la Dottoressa (della quale vorrei tanto sapere il nome e incontrarla da qualche parte) quando le ho raccontato cosa mi succedeva mi ha letteralmente cazziata: "signora ma il dolore mestruale è normale, signora non ha tutte fa uguale il dopo cesareo, signora magari la sua soglia del dolore è più bassa del normale…ecc, ecc" mi stavo proprio arrabbiando ma ho pensato che finalmente ero lì e che comunque mi doveva visitare quindi non ho risposto niente… Infatti appena mi ha visitata la sua faccia è cambiata completamente e non appena ha iniziato l’ecografia transvaginale ha chiamato subito al primario che è venuto correndo e ha detto (parole testuali): "guarda questa ha un’ovaia che sembra un pallone!" La mia ovaia era di sei cm, normalmente massimo tre, e la tuba era piena di liquido che usciva.
Lì è iniziato tutto, volevano ricoverarmi subito ma con ero con Maia, ho chiesto di tornare a casa per avere il tempo di organizzarmi per un ricovero con la bambina, loro hanno acconsentito che fosse ricoverata anche lei per via dell’allattamento. Venerdì mi dovevano fare una risonanza e quindi essere in ospedale fino a quel giorno era solo per tenermi sott’osservazione per cui abbiamo firmato e siamo andati a casa. Mi hanno dato degli antibiotici (augmentin) compatibili con l’allattamento. Poi la risonanza magnetica, di questo solo dire che bisogna avere controllo mentale… diciamo che è un’analisi un "po’" scomoda.
Finalmente mercoledi mi hanno ricoverata per fare la laparoscopia giovedì. Anche se ho qualcosa da dire su come siamo stati presi in considerazione riguardo all’informazione, c’era molto l’atteggiamento "sei una paziente, noi sappiamo tutto: fidati", dopo una richiesta insistente il primario si è deciso a spiegarmi cosa avevo anche se non è servito molto giacchè le sue parole sono state: "andiamo ad aprire perchè non sappiamo cosa ti succede, nella migliore dell’ipotesi togliamo una tuba". Cosi sono andata in sala operatoria… Dell’ospedale posso dire che hanno curato il mio allattamento in maniera ottimale. Ci hanno messo in una stanza a me e Maia da sole, il papà ha potuto rimanere a dormire con noi e tutto il personale si è mostrato coinvolto (meno un’anestesista…).  Al nido hanno calcolato le poppate di Maia, le pappe, la pediatra ha esaminato tutti i farmaci che mi davano, mi hanno fatto tirare il latte da dare alla bebè durante l’intervento e mi hanno fatto tirare il primo latte dopo l’anestesia totale per buttarlo, ma dopo qualche ora ho potuto allattare di nuovo. Va anche detto che la pediatra mi ha chiesto che latte volevo venisse dato a Maia nel caso in cui il mio latte lasciato al nido non bastasse, e tra le possibilità c’era latte in formula o latte di mamma. A Moncalieri hanno banca del latte quindi potevano dare a Maia del latte di un’altra mamma! Fortunatamente non ne abbiamo avuto bisogno, con la laparoscopia sono riusciti a fare l’intervento, hanno tolto la tuba (e sono molto triste di questo) potrò rimanere incinta solo sei volte l’anno ma principalmente non ho dovuto interrompere l’allattamento. Hanno anche tolto le aderenze che avevo ed erano tante, da lì il dolore che avevo da tanto tempo.
Non avevo mai vissuto una cosa così terribile come essere malata avendo un bambino e spero che non mi capiti mai più, ma adesso so che se capita se ne esce fuori comunque, che ci sono persone che ti danno una mano e che è importante sapere quali sono le mie priorità e quindi andare in un posto che abbia le stesse priorità, cioè scegliere di andare in un ospedale dove l’allattamento al seno non è considerato prioritario non mi avrebbe permesso di avere un pediatra che parla con l’anestesista, con il ginecologo chirurgo, un nido che se ne occupa, una stanza per noi, un ricovero di solo due giorni quando avrei dovuto essere dentro ben dieci giorni. E poi… avere delle persone accanto, perchè anche come nel parto qui c’è stato il papà che anche se non aveva dolore, aveva tanta tanta preoccupazione e si è fatto su e giù i corridoi come solo un papà sa farlo.
Siamo a casa già da qualche giorno, io sto abbastanza meglio anche se i buchi in pancia fanno male, Maia gattona come sempre, il papà è molto indietro col lavoro, continuiamo piano piano con lo svezzamento e mi metto a pensare come festeggiare la fine dell’esogestazione perchè il prossimo sedici luglio facciamo i nove mesi di Maia!!! Che ne dite ci meritiamo mare o montagna?

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I motorini… forse sto diventando vecchia, di sicuro divento mamma

Tutti… o quasi tutti abbiamo avuto un motorino, qui in Italia pure un’immigrata può averlo, e quindi anche io ne ho avuto uno. Tantissimi abbiamo qualche volta girato con la marmitta rotta, ma pochi di noi… anzi, solo quelli che siamo diventati genitori conosciamo questa odiosa senzazione di voglia di uccidere quando passa un motorino rumoroso sotto casa dopo le undici di sera. Lo so che è un post assurdo però so anche che chi ha un motorino rumoroso non ha dei bellissimi bebè a letto che prima di addormentarsi erano diventati dei mostriciattoli e che giusto dalle ventidue e trenta ci lasciano respirare, leggere, farci la doccia, guardare la posta… fino alle due di notte quando sveniamo a letto anche noi stanchisimi di
una giornata che, anche se per gli altri esseri al mondo è al massimo
una "giornata particolare", per noi è stata una vera "battaglia campale" .

Pero mi sembra giusto comunicare loro che mentre guidano, orgogliosi della potenza dei loro motorini e della loro "leovinci", ci sono delle persone che si ricordano di tutti i loro morti!

Il fatto è che questo fastidiosissimo rumore a due ruote non solo mette a terribile rischio il breve tempo dedicato a noi stessi ma principalmente fa saltare la dolce creatura nel bel mezzo del sonno, perchè anche se continua a dormire un’onda di quel volume le interrompe qualsiasi tipo di sogno d’oro. 

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